La Sfera Celeste a Ginevra

Parte I

Nel 1927 venne bandito il concorso per la progettazione del Palazzo delle Nazioni di Ginevra, e fu scelto il progetto

del team di architetti tra cui Carlo Broggi e Jozsef Vago.

Fu scelto lo stile neoclassico francese, detto Beaux Arts. I lavori iniziarono nel 1931 e terminarono nel 1938. Successivamente, negli anni ’50 e negli anni ’60 è stato ingrandito.

Fino dagli anni 30 del ‘900 la direzione dei principali membri della fondazione americana Woodrow Wilson Foundation,

il cui presidente era Franklin Delano Roosevelt,

pensava alla possibilità donare un monumento da porre nel parco del costruendo Palazzo sede della Lega delle Nazioni.
L’idea prese corpo nel 1935, quando fu contattato il celebre scultore Paul Manship.

La prima sua proposta fu quella di modellare per poi far fondere in bronzo una monumentale porta per la sala delle Assemblee. Il progetto non piacque, In quel periodo Manship si era innamorato delle sfere armillari, in passato le aveva studiate, come la a complessissima e gigantesca sfera armillare costruita nel 1593 da Antonio Santucci (cosmografo del Granduca Ferdinando I dei medici) al Museo Galileo di Firenze.

Ne aveva già eseguita una nel 1924 con all’ interno delle figure, intitolata Cyrcle of Life, per la Phillips Academy di Andover, Massachussets.

Nel 1930 anche lo scultore Hans Schuler aveva creato un grande modello di sfera armillare in bronzo, che venne istallata nel Meridian Hill Park a Washington.

Poi Nel 1934 Manship eseguì il monumento “Prometeus” per il Rackfeller Center di New York, dove Prometeo era posto all’ interno di una fascia zodiacale che richiamava uno dei cerchi del Cyrcle of Life.

Per il palazzo Delle Nazioni Unite a Ginevra propose la più completa delle sue Sfere Celesti in bronzo con il telaio in acciaio, la cui superficie era costituita dalle sculture di tutte le costellazioni zodiacali in bronzo fuse a cera persa e dorate; la sfera doveva avere un movimento rotatorio astronomico come quello dell’ asse terrestre.
La costruzione del monumento astronomico presentava non pochi problemi, e fu affidata alla fonderia Vignali di Firenze che iniziò la costruzione,

diretta dal fonditore-restauratore Bruno Bearzi.

Anche per Manship la creazione del modello era stata un’impresa non da poco.

L’opera venne terminata nel 1939: nell’Agosto di quell’anno la Celestial Sphere partì dalla fonderia di Firenze per Ginevra. Un trattore portava il carro ferroviario alla stazione.

L’opera venne istallata al centro di una vasca con l’acqua nella parte del parco vicino al Palazzo.

Il meccanismo di rotazione del monumento ha funzionato per poco tempo, e dopo poco la sfera si era bloccata. Le condizioni atmosferiche hanno presto alterato e abraso le dorature delle sculture. Le circa 1.000 stelline applicate sulle sculture si sono in parte staccate e perse.

Nel 2019 la direzione del Palazzo delle nazioni Unite aveva emesso un bando per restaurare l’ opera, ed aveva invitato i vari partecipanti a visitare la Sfera Celeste da vicino. Ferdinando Marinelli Jr., titolare dell’ omonima Fonderia Artistica di Firenze e della Galleria Pietro Bazzanti di Firenze, insieme allo specialista delle costruzioni in acciaio inox Carlo Lanaro,

hanno analizzato lo stato di degrado dell’opera iniziando a studiare i migliori sistemi di restauro per riportare la Sfera alla bellezza e funzionalità originali. Sono stati visti con chiarezza anche i danni che un maldestro restauro nell’anno 1983 aveva aggiunto a quelli dovuti alle intemperie (ossidazioni, solfatazioni, perdita delle dorature e del bolo sottostante, arrugginimento delle parti del telaio in acciaio, saldature improprie, etc.), come ad esempio il riempimento in cemento della base di bronzo, etc. Nel 2003 furono ridorate due delle sculture della Sfera per iniziare il restauro definitivo ma il progetto si interruppe.
Prima dell’ assegnazione del lavoro, la commissione delle Nazioni Unite ha chiesto di vedere e analizzare il precedente restauro che la Fonderia Ferdinando Marinelli aveva eseguito sulle sculture in bronzo della Fontana dei Tritoni di Valletta, Malta.


Un amico americano

Nel 1984 ho avuto la fortuna di incontrare a Firenze l’Architetto Dudi Berretti, in occasione della creazione della scultura in bronzoFontana dei Due Oceani” per San Diego in California. Un personaggio di una simpatia e squisitezza unica.

Siamo diventati subito amici. L’amicizia si è cementata quando sono andato, con l’altro amico scultore Sergio Benvenuti creatore del modello della fontana,

a montare le due statue a San Diego, ai piedi di un grattacielo costruito da una delle tante società di Patrick Bowlen, detto Pat.

Finito il lavoro, tornati a Firenze, per un lungo periodo non ho più avuto notizie dell’amico Dudi.
In tutte le frequenti pantagrueliche cene fatte con Sergio Benvenuti, grande mangiatore, ci si chiedeva dove fosse finito Dudi.

La risposta si ebbe ben sei anni dopo: una mattina del 2000 Dudi apparve in Galleria Bazzanti, col suo solito sorriso radioso. Baci e abbracci, subito a pranzo insieme; “chiama anche Sergio Benvenuti” mi disse. Dudi era nato a Fiesole, poco fuori Firenze, ma aveva studiato a Firenze. Dopo alcune libagioni buttò lì un’idea: siccome stava seguendo la costruzione di un nuovo stadio per la città di Denver in Colorado finanziato da Pat Bowlen, e siccome la squadra di Football della città era di proprietà di Bowlen, gli sarebbe piaciuto far eseguire un monumento a Firenze da sistemare fuori dello stadio.
Si era a pranzo in un palazzo quattrocentesco del centro, nel ristorante di una celebre antica famiglia produttrice di splendidi vini, al nostro tavolo le bottiglie vuote aumentavano rapidamente. Dudi cominciò allora a parlare di un colosso di bronzo tipo quello di Rodi, alto 40 metri che, a gambe larghe, facesse da ingresso delle macchine nel parcheggio dello stadio. Al dolce, una deliziosa zuppa inglese, si era arrivati a qualcosa di più probabile e realizzabile: una serie di cavalli della razza Broncos, che era il nome della squadra di Denver, di cui Pat Bowlen era presidente e proprietario. Tornai con Sergio in Fonderia, Dudi andò in hotel a dormire.
Il giorno seguente, altro pranzo: Dudi, Sergio ed io. Si andò a Monteriggioni, altro desinare lucculliano, altro vino.

Al caffè Sergio con le sue manone tolse di mezzo tutto quello che c’era sulla tavola, e aprì una cartella con una manciata di disegni che aveva fatto la notte: una serie di sette cavalli Broncos che correvano verso lo stadio risalendo il corso di un torrente. Dudi si illuminò di un sorriso raggiante, fece alzare Sergio e l’abbracciò. Poi guardò me e chiese “si può fare?” e quando risposi “certamente” abbracciò anche me e cominciò ridere di contentezza e esclamò “la fontana dei cavalli Broncos!”
Due giorni dopo Dudi era di nuovo a Denver con i disegni di Sergio per proporre la “fontana” dei Broncos.
Dopo altri due giorni Dudi mi chiamò intorno a mezzanotte, per lui era il primo pomeriggio, dicendomi di far fare un modellino piccolo dei cavalli e della fontana, e di telefonargli appena pronti. Sergio aveva una capacità scultorea eccezionale, e in mezza giornata aveva preparato il piccolo bozzetto in creta.

La settimana dopo Dudi era di nuovo a Firenze con l’architetto del paesaggio per esaminare in Fonderia, con Sergio, i bozzetti ingranditi della fontana.

Ne rimasero entusiasti;

e rimasero entusiasti anche dei pranzi di quei giorni.

Sergio Benvenuti iniziò a modellare in creta un cavallo grande dopo l’altro, di cui in Fonderia si facevano e si ritoccavano le cere, poi le fusioni ed i montaggi.

Durante l’esecuzione delle frequenti visite di Dudi, ogni volta accompagnato da un numero crescente di tecnici vari, felici di passare qualche giorno in Toscana, pranzi e cene erano il passatempo preferito da tutti.

Quando si iniziò l’imballo dei cavalli, arrivò in visita anche Pat Bowlen in tenuta hawaiana.

Poi ci trasferimmo tutti a Denver, io, mia moglie, Sergio Benvenuti e vari tecnici della Fonderia, per il montaggio delle statue dei cavalli, grandi una volta e mezzo gli originali, presso lo stadio.
Fummo accolti come dei capi di Stato: all’ufficio immigrazione, quando seppero che eravamo quelli “dei cavalli Broncos” ci fecero passare immediatamente: qualche dirigente della squadra aveva inviato in anticipo i nostri dati agli uffici competenti.

Il montaggio durò una decina di giorni

in cui Dudi ci accompagnò in visita al paese e, principalmente, in visita ai ristoranti migliori della città.

Finalmente la solenne inaugurazione.

Dudi rimase affascinato non solo dalla capacità di Sergio Benvenuti di modellare grandi fontane con soggetti richiesti dal cliente, ma anche dalle creazioni che il Benvenuti eseguiva per se: una serie di ballerine, spesso colorate, in varie pose di danza. Sergio era affascinato dal mondo della danza, e aveva portato Dudi nel suo studio in Chianti, dove le ballerine erano esposte fuse in bronzo dalla Fonderia Ferdinando Marinelli.
In poche ore, telefonicamente, insieme a Pat Bowlen Dudi organizzò in grandi ed eleganti tendoni a Denver nei pressi dello Stadio dei Broncos, una mostra delle ballerine di Sergio e di altre sue sculture. La mostra ebbe un gran successo, tanto che tutte le sculture esposte furono vendute in pochi giorni.

Alcuni modelli sono esposti presso la Galleria Bazzanti.

“Sotto il sole”

“Ballerina con blusa”

“Ballerina che salta la corda”

“Ballerina sui trampoli”

“Ballerina alla sbarra”

“The cat’s craddle”

“Ballerina a riposo”

“Merry go Round”

“Relax”

“Attesa d’Estate”

“Serenata”