Donatello e il Putto nella scultura

Parte IV

La voglia e il piacere che Donatello ha nel creare i putti glieli fa apporre alla base della tomba del vescovo di Grosseto Giovanni Pecci nel duomo di Siena (1426). Sono scolpiti in basso, di scorcio, coperti dalla pergamena molto più grande di loro, che reggono. Si intravedono le teste e le braccia.

Ma non gli bastavano, e allora ha messo un putto seminascosto anche all’interno della spirale del bastone pastorale del vescovo.

In ogni opera successiva Donatello non rinuncia ai putti, quasi fossero ormai una sua firma: nel Festino di Erode (1435 ca.), bassorilievo in marmo al Musee Wicar di Lille, un bambino/putto mezzo nudo dormicchia seduto sulle scale,

nella tomba di Giovanni Crivelli del 1432, nella chiesa di Santa Maria Aracoeli a Roma, due putti volanti semivestiti reggono lo stemma della famiglia quasi a sostituire le vittorie alate dei monumenti romani,

Nella prima metà degli anni ’30 del ‘400 Donatello scolpisce l’ Annunciazione Cavalcanti in pietra serena lumeggiata d’ oro, ancora nella chiesa di S. Croce a Firenze, dove la famiglia Cavalcanti aveva una propria cappella (Ginevra Cavalcanti era moglie di Lorenzo de’ Medici il Vecchio, fratello di Cosimo de’ Medici il Vecchio). Oltre agli interessanti volti che appaiono in coppia sui due capitelli dei pilastri laterali, Donatello ha modellato e posto in alto 6 putti di terracotta alati e seminudi, lumeggiati d’ oro. Le espressioni delle coppie laterali sono giocose, leggermente impaurite, sorpresi dal miracolo che accade sotto i loro piedi. Sono spettatori esterni che non fanno parte della composizione. Richiamano anche il Bambino Gesù che è sta nascendo in quel momento nel grembo di Maria. E’ la prima volta che dei putti appaiono nella scena dell’ Annunciazione, rendendo peraltro più domestico il miracolo del concepimento grazie allo Spirito Santo./p>

Il filo nei capelli che regge un fiore sulla fronte del putto di sinistra è un elemento verrà ripetuto anche nell’ Attis di bronzo (Mus. Del Bargello).

Per la Basilica di San Pietro in Vaticano Donatello ha eseguito, negli anni ’30 del ‘400, il grande Tabernacolo del Sacramento Eucaristico (alto 228 centimetri), successivamente adoperato come contenitore di un dipinto della “Madonna della Febbre” col Bambino.

Per quanto ha potuto l’ha riempito di putti: in alto due putti alati tengono aperta la tenda dove compare un bassorilievo stiacciato della Deposizione. Ai loro lati altri due putti retrostanti hanno funzione di cariatidi. Sulla sommità del tabernacolo sono sdraiati in posa rilassata altri due putti. Ai lati del dipinto due gruppi di tre putti ciascuno, eseguito ad altorilievo, osservano quanto è contenuto nel tabernacolo sussurrando tra di loro. In basso, sulla base, quattro putti accoccolati in bassorilievo reggono il simbolo della passione di Cristo ed altre due semi-ruote laterali. Tutti i putti sono alati, vestiti in maniera classica; Donatello ha dato a quelli rivolti verso il tabernacolo freschezza, senso della fanciullezza, del gioco, della meraviglia. I putti Donatelliani, che prendono il posto degli angeli, sdrammatizzano sempre le scene sacre a cui assistono, attenuandone la ieraticità e rendendole domestiche.
Un cambio di passo avviene con la creazione di quel manufatto particolarissimo che è una delle due Cantorie del Duomo di Firenze (Ms. Opera del Duomo), terminata nel 1439.
In questo particolare monumento i putti alati non sono accessori o decorazioni di atre opere, ma sono l’opera stessa, gli unici protagonisti che creano l’ opera. Più di venticinque putti si muovono in un girotondo danzante con movimenti sfrenati, quasi dionisiaci, ed anche le espressioni dei volti confermano tale sensazione. In questo si diversificano dai putti della scultura antica. Quelli a destra giocano con corone vegetali, simbolo di vittoria del Cristianesimo sul paganesimo. Donatello ha creato un continuum di putti senza frammentare gli altorilievi in più pannelli, come nel caso della Cantoria di Luca della Robbia, ed ha posto questo unico lungo pannello dietro a una serie di cinque colonne binate che in qualche modo lo dividono, ma che danno anche un nuovo senso di spazio e profondità rispetto agli altorilievi classici. Nei riquadri di sinistra e di desta tra le quattro mensole Donatello pone dei putti speculari araldici che suonano i cembali e mangiano l’ uva prendendola da un vaso. Nella parte più bassa della Cantoria una striscia con teste di cherubini tra ghirlande.

Negli stessi anni in cui Donatello ha eseguito la Cantoria, ha lavorato anche al Pulpito di Prato. Il contratto di allogazione con Michelozzo (per l’ architettura del Pulpito) e Donatello (per la scultura) fu firmato nel 1428 e terminato nel 1438.
E’ costituito da 7 pannelli curvati di marmo con mosaico dorato come sfondo, in cui danzano i putti, come nella Cantoria con lo stesso atteggiamento da baccanale.

Un capitello di bronzo sostiene asimmetricamente l’ intero pulpito con un putto in alto che fuoriesce con difficoltà da sotto il peso che sostiene. In basso due putti bacchici sdraiati con pampini e uva tra i capelli guardano lontano. Al centro, tra le volute, altri cinque putti piccoli, in varie posizioni. Il capitello venne fuso a cera persa nel 1433, ma fu posto in opera solo nel 1438. E’ stato sicuramente fuso da Michelozzo, maestro fonditore, ma il modello è di Donatello.