Il vaccino di Edward Jenner e la scultura di Giulio Monteverde

Parte II

Lo scultore Giulio Monteverde crea con questo modello un piccolo grande capolavoro:
la statua celebrativa di Jenner è molto complessa e rappresenta il personaggio che sta inoculando il vaccino al bambino. La luce scivola sul corpo nudo del piccolo senza creare intensi chiaroscuri. Invece gli abiti del medico e i panneggi in basso del telo che si riversa a terra risultano più evidenti e grafici. Inoltre le mani sono messe ben in evidenza dal contrasto tra luci ed ombre.
Nella statua di Jenner che inocula il vaccino del vaiolo al bambino Monteverde riesce a far apparire subito chiare le emozioni che sono in gioco e le trasmette allo spettatore:
il bambino è nudo, la sua pelle è liscia, senza grinze, e permette alla luce di scivolare senza creare forti chiaroscuri, che, insieme al suo essere al centro della scultura, è il punto focale dell’ opera.
Jenner invece con l’ abito e con la stoffa che scende dal cuscino fino a terra, ha forti chiaroscuri, che ne evidenziano la tensione, e che benché sia la figura più grande pongono la figura in secondo piano.
L’ atteggiamento del medico è concentrato e deciso, egli è certo della sua nuova teoria, ma deve vincere la paura dei medici e della popolazione; il bambino percepisce la sua paura ed è a sua volta impaurito, anche se non può ribellarsi.
Monteverde ha voluto esprimere il coraggio, la determinazione, e l’eroicità del gesto, se il bambino è effettivamente suo figlio come narra la leggenda, e la certezza della sua scienza, che supera appunto in un attimo i luoghi comuni del popolo e degli altri medici.

La scultura gli fu commissionata, dopo che lo scultore l’ebbe inviata nel 1873 all’Esposizione Universale di Vienna, dove si aggiudicò la medaglia d’oro, dalla Duchessa di Galliera Maria Brignole Sale de Ferrari, grande filantropa per la la città di Genova.

Alla sua morte la Duchessa lasciò in eredità l’opera per legato testamentario e dal 1884 si trova nelle collezioni della Galleria d’Arte Moderna di Genova.
Come è stato descritto, la scultura di Monteverde è complessa dal punto di vista tridimensionale, con molti sottosquadra che avrebbero reso il getto in bronzo estremamente impegnativo. Si è dovuto quindi sezionare il modello in molte parti, studiate in modo da garantire la riuscita perfetta di queste nella fusione a cera persa in bronzo.

Si è proseguito con l’esecuzione dei calchi negativi in resina siliconica e madreforma in gesso di ogni parte sezionata del modello, usando un tipo speciale di silicone liquido che garantisse la “lettura” di ogni particolare della scultura e della sua superficie.
Da questi sono state ottenute le cere vuote dello spessore che sarebbe stato necessario avere in bronzo.

Una volta estratte le cere dalle forme negative,

sono passate alla delicata fase del ritocco.

E’ stato necessario rimontare tutte le parti in cera per ritrovare il modello intero controllando che tutte combaciassero perfettamente, e le parti in cera ritoccate,

Dopo altri passaggi e cotture sono state gettate in bronzo, ottenendo le fusioni grezze identiche alle cere stesse

Una delle due sculture in bronzo viene patinata.

La scultura terminata, in attesa di essere spedita al cliente.

La scultura viene poi istallata sulla base in marmo, realizzata dallo Studio Bazzanti, presso il Lawrence J. Ellison Institute di Los Angeles.

Le miniature

Il cliente ci ha chiesto di creare un modello piccolo della scultura. La nostra scultrice Eleonora Villani si è messa al lavoro e dopo un lungo tempo ha ottenuto una riduzione perfetta del “Jenner” di Monteverdi.
Anche questo modellino è stato sezionato in più parti,

Di cui sono stati fatti i calchi negativi in silicone e madreforma in gesso,

Da cui si sono ottenute tutte le piccole parti in cera vuota.

Le minuscole parti in cera sono state rimontate per ottenere una cera completa della replica, su cui è stata fatto un calco negativo del modello completo, da cui ottenere la fusione in bronzo, che nettata e cesellata con particolare cura è diventata il modello per le successive 100 repliche.

Il numero delle repliche è chiuso, ed ogni esemplare è numerato in centesimi, ed è punzonato con il logo della Fonderia Ferdinando Marinelli e della Società che ha ordinato le repliche.

Vengono eseguite le basette in marmo, poi le sculture vengono patinate e gli viene applicata la base di marmo di Carrara.


La Porta Santa

Parte II

Il rito dell’ abbattimento del muro è stato ripetuto fino all’ apertura della Porta Santa del 24 dicembre 1974 di Paolo VI. Fino a quel giorno nell’ atrio basilicale la Porta Santa era chiusa dal muro bianco decorato da una croce di metallo dorato, con sotto una targa plumbea, muro alzato alla chiusura della stessa Porta Santa al termine dell’ Anno Giubilare di Pio XII del 1950.

Paolo VI al termine dell’ Anno Santo del 1975 introdusse un cambiamento rituale per la chiusura della Porta: nel 1949 era stata applicata nella parte interna della Porta Santa quella fusa in bronzo, usata per la chiusura notturna del varco della Porta dopo al crollo della Porta in muratura. I battenti bronzei furono spostati sul davanti dell’ apertura, e da allora il muro viene abbattuto alcuni giorni prima dell’ apertura della Porta dall’ interno e ricostruito alla fine del Giubileo.
E la cerimonia dell’ apertura e chiusura ha subìto un profondo cambiamento: dal 1975 il papa apre la Porta Santa soltanto spingendo e spalancando i due battenti di bronzo (il muro è stato abbattuto dai muratori pochi giorni prima); e la chiusura della Porta Santa avviene al contrario, il papa serra i due battenti di bronzo (e il muro verrà ricostruito pochi giorni dopo).
Quindi dal 1950 la Porta Santa della Basilica di San Pietro è chiusa all’esterno dalla porta bronzea, e non più dal semplice muro.
E queste porte sono diventate un richiamo alla spiritualità degli Anni Santi, dell’ indulgenza, della misericordia e del perdono.

LA PORTA SANTA DI VICO CONSORTI

L’idea di rinnovare le porta risaliva al pontificato di Benedetto XIV nel ‘700. Ma del progetto rimangono solo dei modelli lignei presso la fabbrica di San Pietro.

Il Principe Giorgio di Baviera, nato a Monaco di Baviera nel 1880 dalla famiglia reale di Wittelsbach fu Canonico Vaticano del 1926. Alla sua morte nel 1943 destinò il suo patrimonio privato alla realizzazione in bronzo delle porte della Basilica di San Pietro. Lasciò scritto anche le norme per la costituzione di una commissione che presiedesse il lavoro, che doveva avere a capo l’ Arciprete della Basilica, come segretario l’ Economo e Segretario della Reverenda Fabbrica di San Pietro., e come collaboratori, suo fratello principe di Baviera, due rappresentanti dei canonici della Basilica eletti dal Capitolo, il Direttore dei Musei e Gallerie Pontificie e da ultimo l’ Ambasciatore di Germani presso la Santa Sede. La Commissione doveva bandire un concorso internazionale e decidere il vincitore.

Terminata la guerra, nel 1947 la Commissione fu formata dai Cardinale Federico Tedeschini, Mons. Ludovico Kaas, Mons. Carlo Grosso e Mons. Vincenzo Bianchi Cagliesi, prof. Bartolomeo Nogara, prof. Piero Canonica, prof. Arnaldo Foschini, Mons. Arthur Wynen. Furono aggregati anche il Conte Ing. Enrico Pietro Galeazzi, ing. Francesco Vacchini.
Il bando fu pubblicato nel luglio 1947 con l’ obbligo di presentare il disegno di una porta a scala 1:10, il bozzetto in gesso di un pannello in scala 1:4 e un dettaglio del pannello in gesso al vero.
Arrivarono più di 80 progetti da tutte le parti del mondo. Solo 12 furono premiati, tra cui Dazzi, Manzù, Morbiducci, Consorti, Cambellotti, etc., quelli cioè che si erano mantenuti su uno schema classico.
Mentre si discuteva a chi dare l’ incarico, Mons. Ludovico Kaas decise di far realizzare una porta più piccola, non prevista dal concorso, cioè la Porta Santa, che doveva sostituire quella del 1750. Il costo della nuova Porta santa fu sostenuto dal vescovo di Basilea e Lugano Mons. Franziskus von Streng, a ringraziamento del popolo svizzero di essere stato risparmiato dagli orrori della guerra. Mons. Kaas dette direttamente l’ incarico dell’ esecuzione dell’ opera allo scultore senese Vico Consorti, già iscritto al concorso delle altre porte per la Basilica Vaticana.

Consorti aveva già realizzato per il conte Guido Chigi Saracini, come ringraziamento per la liberazione della città di Siena dai tedeschi, la Porta della riconoscenza per il Duomo di Siena, inaugurata il 16 agosto 1946. Questa porta presenta richiami classici, con ricerca di forme rinascimentali, ed impressionò favorevolmente Mons. Kaas. Il contratto venne firmato il primo marzo 1949, e il Consorti scelse per la fusione e la realizzazione meccanica la Fonderia Artistica Ferdinando Marinelli di Firenze.
Nella foto da sx: Ferdinando Marinelli Sr., Vico Consorti, Conte Chigi Saracini.

La Fonderia Ferdinando Marinelli si era già fatta conoscere per l’abilità nel fondere a cera persa altre porte per la Chiesa, come quella scolpita da Ludovico Pogliaghi per la chiesa romana di Santa Maria Maggiore e terminata nel 1947.

Aver fuso la Porta Santa ha fatto conoscere la Fonderia Ferdinando Marinelli in tutto il mondo cristiano, tanto che le sono state allogate le fusioni e realizzazioni di altre porte come quella, nel 1956 per il Palazzo Arcivescovile di Bogotà (Colombia) commissionata dal Cardinale Chrisanto Loque, rivoltosi anch’esso allo scultore Vico Consorti; e le porte per la Cattedrale d’Oropa (Biella) modellate dal Vatteroni, dal Consorti e dall’ Audagna del 1960, il cui peso complessivo superava le 11 tonnellate; quella della Basilica del Sacro Cuore a Sasssari modellata da Mario Moschi e fusa nel 1969; e la Porta di Onofrio Pepe per il parco del nuovo Tribunale di Firenze, eseguita nel 2005.

Consorti elaborò un primo bozzetto nel gennaio del 1949 (i tempi di realizzazione della Porta erano strettissimi) che fece fondere in bronzo da Marinelli. Nel bozzetto erano presenti pannelli con scene riprese dal Vangelo e con due momenti relativi all’Anno Santo: Bonifacio VIII che consegna la bolla del primo Giubileo sullo sfondo dell’antica basilica costantiniana, e la nuova Basilica con personaggi intorno alla croce ad indicare l’ultimo giubileo indetto.

Nel mese di giugno erano modellate in creta 8 formelle, e già fusi dalla Fonderia Marinelli i pannelli del Buon Ladrone modellati tra gennaio e febbraio del 1949 e i quattro del registro superiore fusi in tempo record e mai ritoccati dl Consorti.
Il 31 agosto Consorti andò, con la sua Topolino Fiat, a Roma a mostrare i pannelli fusi a Mons. Kaas.
L’ intera Porta giunse in San Pietro il 18 dicembre mentre fervevano i preparativi per la cerimonia dell’ Anno Santo, e le due ante furo collocate provvisoriamente su lato sinistro della Cappella del SS. Sacramento. Dopo che il papa varcò la soglia della Porta Santa seguito dai cardinali e dai prelati, il Santo Padre procedeva alla benedizione delle due ante di Vico Consorti che era presente inginocchiato e in preda alla commozione. Ancora non sapeva che da quel giorno in poi sarebbe stato chiamato per il resto della sua vita “Vico dell’ Uscio”.
Il 28 dicembre le due ante furono incardinate al loro posto

e successivamente nel 1974 portarono ad un cambiamento del cerimoniale: non più la rottura del muro per mano del papa, ma l’ apertura delle ante di bronzo e la successiva chiusura alla fine del Giubileo. Infatti in quell’ anno, quando il giorno di Natale papa Pio VI dette i tre simbolici (ma efficaci) colpi di martello sul muro di calce e mattoni, parte di questi gli caddero addosso.
Col Giubileo del Papa Pio XII nel 1950 si ebbe così l’ apertura delle ante in bronzo e il suo ingresso in San Pietro e altrettanto la successiva loro chiusura

rito che si è ripetuto nello speciale Giubileo di fine millennio del 2000 con l’ apertura di Papa Francesco

e la successiva chiusura

LA FUSIONE A CERA PERSA

La Fonderia Ferdinando Marinelli fu posta sotto pressione: un opera di tale portata andava eseguita e consegnata dal gennaio al dicembre 1949, cioè in meno di un anno con inoltre la difficoltà che i modelli delle formelle e delle cornici venivano portati in fonderia non tutti insieme, ma un po’ alla volta nel tempo, via cioè che il Consorti li completava. Il “miracolo” riuscì e la Porta Santa di bronzo arrivò in Vaticano il18 di dicembre del 1949, sei gironi prima dell’ apertura per il Giubileo!
In quei primi anni del dopoguerra nella Fonderia Ferdinando Marinelli si lavorava con tecniche artigianali del tutto simili a quelle rinascimentali: non c’ erano macchinari di sollevamento quali le gru o i muletti, tutto era fatto a mano, c’ era solo l’ elettricità che dava luce e permetteva l’ uso di trapani e di dischi a motore elettrico come si vede nella foto.

La lunga cottura delle forme per far bruciare la cera, in fornelli di mattoni e fango costruiti sopra ad ogni forma e alimentati giorno e notte con fascine di legna, e poi il rito del getto del bronzo fuso in un forno primitivo alimentato a carbone e ossigenato con una ventola, il crogiolo con circa 200 Kg di bronzo fuso sollevato e mosso a mano, con la precisione tale da versare il metallo liquido con precisione dentro alle forme sotterrate fino all’ apice. Poi la rottura delle forme, le pulizia delle fusioni grezze ottenute, il lavoro di nettatura e di cesello dei bronzi, poi il montaggio, la saldatura a fiamma ossiacetilenica, la lavorazione delle saldate, e infine la patinatura e la doratura.
Ad opera terminata, il minuzioso controllo di Ferdinando Marinelli Sr., nonno di Ferdinando Marinelli Jr. che dal 1976 dirige la Fonderia.