L'arte della fusione a cera persa

Parte 1

La realizzazione di sculture in bronzo è sempre risultata in antico più complessa e costosa di quella di sculture in marmo o in pietra.
Il bronzo è una lega metallica i cui componenti sono stati in passato di difficile reperibilità, quindi costosi. I Romani consideravano prezioso e nobile questo metallo, tanto da usarlo per fonderne monete

IV sec. A.C.

e coniarne.

III sec. A.C.

Ed anche la tecnica di fusione era complessa, costosa e presentava alti rischi di cattiva riuscita.
Molto usata in epoca classica (nell’antica Grecia esistevano fonderie di produzione semiseriale), nel medioevo la scultura in bronzo è diventata molto rara.
Solo col primo rinascimento si è ricominciato a produrre opere d’arte tramite la fusione a cera persa in bronzo, produzione che è continuata fino ai giorni nostri.

Il bronzo è una lega che si ottiene unendo in fusione rame e stagno in percentuali diverse a seconda delle caratteristiche che il metallo deve avere (la lega ottenuta da rame e zinco è invece ottone). Mentre nelle varie epoche la tecnica della fusione a cera persa è rimasta pressoché immutata, per la lega, cioè per le percentuali di rame e di stagno, sono state fatte molte prove, in alcuni casi anche con l’aggiunta in piccole quantità di altri metalli, per migliorarne la scorrevolezza durante la gettata o le caratteristiche meccaniche: leghe per cannoni (la lega bombarda), la lega per campane, e la lega statuaria usata fin dal tardo Rinascimento per le sculture e per il conio di monete.
Biringuccio, alla metà del Cinquecento,

consiglia per gittar figure un bronzo con la percentuale di stagno variabile dal 7,4 al 10,7.
Nella Fonderia Artistica Ferdinando Marinelli viene adoprato il bronzo Bz 90/10, in cui la percentuale di stagno è del 10%.

Per la tecnica della cera persa occorre molta esperienza: specie in passato errori nella composizione del materiale refrattario, nella cottura delle forme, nella temperatura in cui il bronzo veniva gettato, potevano compromettere la fusione.

Nella tecnica della fusione a cera persa i materiali, gli utensili, i macchinari, se così si possono chiamare sono rimasti gli stessi dal Rinascimento alla metà del ‘900.
Solo dopo tale data alcuni materiali e alcune attrezzature sono leggermente cambiati per rendere più sicuro e meno faticoso il lavoro degli artigiani fonditori. Ma la tecnica è rimasta esattamente la stessa, legata alle mani dell’artigiano fonditore.
(Le immagini in bianco e nero si riferiscono alla Fonderia Ferdinando Marinelli negli anni ’50)
La prima fase di questa tecnica è quella dell’esecuzione di un calco negativo sopra l’opera scultorea che si vuole riprodurre in bronzo, come ad esempio una scultura in creta.

Ottenere un calco negativo per una scultura a tutto tondo con molti sottosquadri comporta delle difficoltà; nell’antichità si usava la formatura a tasselli dove il calco veniva eseguito in tante piccole parti di gesso dette appunto tasselli, ognuna staccabile ed estraibile dalla scultura, parti tenute insieme da un controguscio esterno anch’esso in gesso detto madreforma.

Dal Rinascimento si è cominciata ad usare anche una sostanza elastica ottenuta da colla animale mescolata a grasso, sciolta a bagnomaria ed applicata a pennello sulla superficie della scultura; questa colla, raffreddandosi, diventa dura ma rimane elastica e flessibile, permettendo il distacco dalla scultura anche in casi di sottosquadri.