Il vaccino di Edward Jenner e la scultura di Giulio Monteverde

Parte 1

Lady Mary Wortley Pierrepont, moglie dell’ambasciatore inglese a Istambul Lord Montague, nel1714 si ammalò di vaiolo, riuscendo a guarire.

Aveva seguito il marito in Turchia, dove aveva visto alcune donne infettare loro stesse e i figli con il siero di pustole vaiolose. Questi si ammalavano molto lievemente, e diventavano però immuni al vaiolo.
La Lady, di idee moderniste, non esitò a inoculare la malattia ai suoi figli, con ottimi risultati, e cercò di pubblicizzare il metodo in Inghilterra, ma trovò forte resistenza tra i medici e gli ecclesiastici. Ma in molte parti d’Europa questa sua tecnica venne accettata, si vaccinarono infatti i sovrani di Danimarca e di Svezia, i duchi di Parma e di Toscana e la zarina Caterina II.
Ma ci si accorse che una piccola percentuale dei vaccinati prendeva in maniera grave il vaiolo, e ne moriva.

Edward Jenner (1749 – 1823) in gioventù venne contagiato dal vaiolo, che superò, ma che lo segnò profondamente. Infatti a causa di questa malattia non fu accetto all’università di Oxford, dove avrebbe voluto frequentare i corsi di Medicina.

Riuscì a diventare alunno e aiuto di un medico di campagna, il dottor Ludlow, che gli insegnò la professione. Andò poi a Londra dove frequentò l’ospedale sotto la guida del Dott. Hunter.
Jenner vide che i contadini che mungevano le vacche che avevano preso il vaiolo vaccino, diverso da quello umano, si ammalavano, ma non in modo letale. E fece questo esperimento: prese del siero da una malata di vaiolo vaccino e lo inoculò in un bambino che si ammalò leggermente; poco dopo gli inoculò siero di vaiolo umano, e il bambino non si ammalò. Scoprì così che il vaiolo vaccino immunizzava dal vaiolo umano senza dare sintomi gravi o mortali.
Jenner pubblicò questi suoi risultati e nonostante le forti opposizioni mediche e religiose, questa pratica fu seguita in gran parte di Europa. Nel 1803 fu aperto a Londra il Jenner Institute.

Lo scultore piemontese Giulio Monteverde

nel 1873 modellò la scultura “Jenner inocula il vaccino del vaiolo al figlio” che vinse la medaglia d’oro all’Esposizione Universale di Vienna creandone una copia in bronzo ed una in marmo. È un’importante e bellissima opera che mostra Jenner mentre, concentrato sulla responsabilità che si prende, inocula il vaccino antivaioloso su un bambino.

Il Dr. David B. Agus M.D. del “Lawrence J. Ellison Institute for Transformative Medicine of USC” di Los Angeles, ha chiesto alla Fonderia Ferdinando Marinelli di Firenze di poter avere due copie in bronzo della scultura tratte dall’ originale, e quindi di scoprire dove trovare l’ originale in gesso dell’ autore da cui trarre tali copie.

Si è scoperto che il modello originale di gesso è conservato presso la Galleria di Arte Moderna di Genova insieme ad un originale di marmo.

La Fonderia ha ottenuto dalla dottoressa Francesca Serrati direttrice del Museo di permettere agli incaricati del Lawrence J. Ellison Institute for Transformative Medicine of USC di eseguire il calco dell’ opera e di crearne il modello in grandezza naturale.

Il fedelissimo modello è stato consegnato alla Fonderia Ferdinando Marinelli, che ha iniziato la lavorazione per la fusione a cera persa in bronzo di due repliche della scultura.


Donatello e il Putto nella scultura

Parte V

Gli anni ’40 del ‘400 sono quelli in cui Donatello realizza le sue più importanti e più grandi opere di bronzo, in ognuna delle quali continua a far apparire, in un modo o nell’altro, i suoi deliziosi putti.
Nel celebre David bronzeo (Mus. del Bargello, Firenze) scolpisce sull’ elmo della testa di Golia ai suoi piedi una bassorilievo decorativo in cui compare una scena con una serie di putti.

Il significato di questa scena è stato molto discusso, dato che la spada di David vuole indicare proprio il piccolo bassorilievo che quindi probabilmente indica la “morale” dell’ intera scultura. Vi è rappresentato un carro trainato da due putti alati e nudi; sul carro è intronata una figura senza ali che riceve regali da altri due putti alati; dietro il trono appare un personaggio nudo e grasso senza ali che ha dietro, ai piedi, un’ anfora. La scena sembra tratta da un’ antica gemma romana, probabilmente della collezione dei Medici; è molto probabile che la figura seduta sia Bacco accompagnato da Sileno, e che il putto alato gli stia offrendo una coppa di vino. Essendo sull’ elmo di Golia, potrebbe essere la rappresentazione dell’ incontinenza, superbia e arroganza, vizi associati a Golia (e ai tirannici nemici di Firenze) vinti dalla virtù del David (la città di Firenze).

Attis
E’ una statua di bronzo a tutto tondo, alta circa 104 centimetri. Anche se con vari attributi, si tratta di un putto in piedi, ed è la prima volta che nel Rinascimento il putto è scolpito a tutto tondo in queste dimensioni, senza essere un personaggio accessorio o di secondo piano. E’ assolutamente in stile classico pagano, tanto che nel XVII secolo venne preso per un opera romana antica. Oltre che bellissimo, è anche enigmatico, non esiste nell’antichità nessun essere con le sue fattezze e i suoi attributi: sembra che Donatello abbia inventato un nuovo tipo di creatura. E’ in piedi, in un rilassato chiasmo, con entrambe le braccia sollevate.
Si guarda gioiosamente la mano sinistra in cui il pollice e il medio sono chiusi, probabilmente teneva in mano qualcosa che è andato perso; ha i capelli arruffati legati da un cordino che gli regge un fiore in fronte, porta un cinturone in vita con scolpiti delle capsule di papaveri che sostiene una specie di calza-pantaloni che lasciano scoperti e in evidenza le natiche e i genitali; ai piedi ha due tozzi e indefiniti paia di ali, indossa dei sandali con cui calpesta un serpente. Sulle spalle ha due bellissime ali, e all’ inizio dei glutei una piccola coda.

In antico sono esistiti putti in piedi con capelli simili e con simile posa. Ma non hanno le ali ai piedi, né cintura con calze, né coda, né serpenti da calpestare. Donatello ha voluto trasformare il prototipo di putto classico in qualcosa con un ben preciso significato.
Su questo significato si sono scontrati vari studiosi: per Edgard Wind (Misteri pagani del Rinascimento, Adelphi, Milano 1985) è una creazione neo platonica polimorfa, con volto e ali di Eros, che possiede la coda di Pan, i pantaloni di Attis,

la cintura di Hypnos, le ali ai piedi di Mercurio. Per Erwin Panofsky (Rinascimento e rinascenze nell’ arte occidentale, Feltrinelli, Milano 2009, p. 198 nota 14) si tratta dell’ allegoria del Tempo che tira i dadi; e infatti la coda di Pan è il simbolo dell’ associazione di Pan con l’ universo del quale il Tempo ha in mano il fato. Le ali sulle spalle e ai piedi, ed il serpente, sono simboli del Tempo. I pantaloni barbarici sono quelli di Aion, il demone del tempo di origine iraniana. I papaveri della cintura, emblemi del sonno e della morte, rappresentano la sua doppia natura di creatore e distruttore. E l’ oggetto mancante che probabilmente aveva tra le dita era appunto un dado. Il Tempo è un distruttore che gioca a dadi con l’ umanità, il nostro destino è nelle sue mani.
Un frammento di Eraclio rinvenuto nella “Refutatio omnium haeresium” (libro IX, cap. 3 e 4) di Ippolito di Roma dove il Demone del Tempo è appunto definito come un frivolo bambino che gioca d’ azzardo. E questa frase è presente anche in dei carmi (Carmina LXXXXV) del bizantino Gergorio Nazanzieno. Quando Lorenzo il Magnifico riuscì nel 1349 a portare il Concilio tra la chiesa Romana e quella d’ oriente a Firenze, l’ imperatore di Bisanzio Giovanni VIII Paleologo e la sua numerosa corte.

potrebbero aver portato all’ attenzione degli umanisti fiorentini il frammento di Eraclio in continua ricerca di testi greci classici, e poi fatta trasferire sull’ opera di Donatello, come spesso accadeva nelle botteghe degli artisti del Rinascimento.
Di questo capolavoro donatelliano non conosciamo né la data di esecuzione, che viene comunque ipotizzata alla metà del ‘400, né il committente, con qualche probabilità la famiglia Medici, o forse i Bartolini Salimbeni.
Un’altro putto proveniente dalla bottega di Donatello è quello in bronzo del Metropolitan Museum di New York.

Ha degli stilemi che ricordano molto quelli di Donatello, per esempio la pancia arrotondata sporgente come nell’ Attis, il movimento uguale a quello dei putti sul battistero di Siena, il movimento dei capelli, ed ha alcuni attributi dell’ Attis donatelliano: lo stesso tipo di attacco delle ali e le piume tra di esse sulla schiena, una strana coda pelosa, le ali ai piedi.
E’ nato come putto da fontana non sappiamo né quando, ma si può ipotizzare intorno alla metà del ‘400, nè per chi è stato eseguito. Come l’ Attis, è uno dei primi due putti come personaggio in piedi a tutto tondo.
Altri due putti bronzei magnifici, in passato attribuiti a Luca della Robbia, sono quelli del Museo Jacquemart Andre a Parigi, ma ormai sono da tempo attribuiti a Donatello e sono datati intorno al 1440.

Sono due portaceri, molto probabilmente eseguiti da Donatello per la Cantoria del Duomo, dove stavano seduti sui due angoli. Come l’ Attis, hanno capelli mossi legati con un filo decorato con foglie che regge lo stesso fiore dell’ Attis sulla fronte. Anche le ali sono simili a quelle dell’ Attis, con la parte centrale della schiena coperta di piume,

anche l’espressione del volto è similissima a quella dell’ Attis.