I due Ferdinandi

La Galleria Pietro Bazzanti di Firenze è stata acquistata dalla famiglia Marinelli nel 1960, famiglia proprietaria della Fonderia Artistica Ferdinando Marinelli di Firenze. Ed è grazie ai “due Ferdinandi”, come viene narrato qui di seguito, che la Fonderia e della Galleria si sono incontrate ed unite.
Ferdinando Marinelli Senior scese, ai primi del ‘900, dall’Umbria a Firenze da ragazzino, per conoscere l’arte della fusione a cera presa che imparò nelle fonderie che fin dal XVI secolo, iniziando col Giambologna, se l’erano trasmesse di padre in figlio.

Nel 1919 rilevò la fonderia Gabellini di Rifredi (Firenze), trasformandola nella Fonderia Artistica Ferdinando Marinelli.

Si sposò con Delia Gelli da cui ebbe due figli di cui il primogenito, Marino,

continuerà insieme al fratello Aldo l’attività fusoria.
Marino sposò Renee Naylor, e nel 1949, poco dopo che Ferdinando Marinelli Sr. insieme alla moglie Delia “passavano le acque” alle terme di Montecatini,

nacque Ferdinando Marinelli Jr.

Nel 1976 Marino è morto, e la Fonderia è passata a Ferdinando Jr.

La Fonderia era gestita da Ferdinando Sr. in maniera patriarcale, quasi una grande famiglia e aleggiava l’atmosfera di una bottega rinascimentale.

Ferdinando Jr. frequentava spessissimo la Fonderia, incantato dal lavoro degli artigiani, e come ogni bambino imparava al volo senza accorgersene quelle tecniche antiche. I materiali poi erano belli e strani e con nomi misteriosi, il gesso, la polvere di micio, il sapone mescolato all’olio, la cera, le colate, il loto, il fegato di zolfo, la lacca degli Angeli.

Per l’esecuzione dei calchi veniva usata una strana gomma che diventava semi pastosa a bagnomaria e che puzzava tremendamente, ottenuta mescolando la gelatina di ossa di coniglio con la glicerina: le resine siliconiche sarebbero state inventate una ventina di anni dopo. La cera che veniva spennellata dentro a questi calchi negativi era cera d’api (la paraffina adatta a questo tipo di lavoro non esisteva ancora), e mandava un profumo dolce buonissimo.

Ferdinando Jr. ebbe qualche difficoltà nel capire quella strana rete tridimensionale di bastoncini di cera con cui le cere venivano imprigionate,

il perché venivano rinchiuse in quel materiale refrattario che chiamavano “loto”, cioè mota

e poi messe a cuocere a lungo giorno e notte in quegli strani fornelli che venivano costruiti con mattoni e argilla direttamente sopra alle forme di loto.

La fusione era un atto quasi sacro, era difficile che ce lo facessero assistere, e quando capitava dovevo stare fermo e buono da una parte, pena pedate nel sedere. Il forno era una buca in terra riempita di carbone con un ventilatore che soffiava continuamente, in cui veniva inserito il crogiolo pieno di lingotti di bronzo. Occorreva qualche ora perché il metallo fondesse. La gettata veniva eseguita a mano, sollevando il crogiolo con più di 200 kg. di metallo a circa 1000 gradi facendolo colare con precisione dentro alle forme. Ferdinando Jr doveva stare a distanza perché se uno degli quattro operai che tenevano il crogiolo fosse scivolato, la massa di metallo fuso e incandescente sarebbe schizzata dappertutto.

Le forme di loto col bronzo dentro venivano spaccate a martellate per estrarne le fusioni.

E poi i bronzisti, alcuni con i capelli verdi per il rame, ognuno era un personaggio, gelosi dei loro ferri per cesellare.

Quando i saldatori si accendevano le sigarette tenute tra le labbra con la fiamma ossiacetilenica per saldare, Ferdinando Jr. scappava, convinto che si sarebbero fatti volatilizzare anche il naso.

Nel 1976, alla morte del padre Marino, Ferdinando Marinelli Jr. è diventato proprietario anche della Galleria Bazzanti, che, oltre a scolpire i suoi celebri marmi nei propri studi di Carrara e di Pietrasanta, commercializza le sculture in bronzo fuse nella Fonderia, in particolare le repliche dei classici antichi e rinascimentali, di cui possiede i calchi eseguiti in passato sugli originali da Ferdinando Marinelli Sr.