Opere di Michelangelo

Michelangelo Buonarroti nasceva il 6 marzo 1475 a Caprese presso Arezzo,

da una famiglia fiorentina, che riportò dopo pochi giorni il bambino a Firenze.
Nel 1487, a 12 anni, Michelangelo entrò come apprendista nella bottega del celebre pittore Domenico Ghirlandaio.

Nel 1488 fu invitato ad entrare come discepolo nel Giardino di San Marco di Firenze, dove Lorenzo dei Medici il Magnifico teneva la sua collezione di sculture antiche. Lorenzo il Magnifico ne percepì subito il talento, e nel 1490 lo portò a vivere nel suo vicino Palazzo dei Medici,

dove viveva e mangiava a tavola con lui e con i più importanti filosofi umanistici del Rinascimento. Conobbe quindi i più importanti protagonisti della famiglia Medici, come Giovanni figlio di Lorenzo il Magnifico che divenne il Papa Leone X, e il figlio di Giuliano dei Medici (fratello di Lorenzo il Magnifico) Giulio che divenne il Papa Clemente VII.

Fu in questo periodo che per la lite con un altro discepolo del Giardino di San Marco, Pietro Torrigiano, ebbe il naso rotto. Michelangelo era così amato da Lorenzo il Magnifico, che fece esiliare il Torrigiano da Firenze.

Le prime sue opere, eseguite tra il 1491 e il 1492, quando Michelangelo aveva 15 anni ed era ancora studente nel Giardino di San Marco, sono la Madonna della Scala

bassorilievo in cui riprende da Donatello la tecnica scultorea dello “stiacciato” grazie al quale riesce a rendere magistralmente la profondità dei piani della scala in pochi millimetri di spazio; in quest’opera scolpisce il Bambino con una forte e perfetta anatomia, in una posa contorta e visto di spalle; e la Battaglia dei Centauri

ad altorilievo, ispirandosi ai sarcofagi romani di cui enfatizza l’inestricabile groviglio dei corpi.
Entrambe le opere sono custodite nella Casa Buonarroti di Firenze.

A causa dei rivolgimenti politici avvenuti nella città di Firenze dopo la morte di Lorenzo il Magnifico, nel 1494 Michelangelo fu scacciato dalla città e si rifugiò a Bologna, dove scolpì per l’Arca di San Domenico conservata nella chiesa di San Domenico a Bologna: San Procolo

soldato romano cristiano martirizzato, con tunica, alti calzari e mantello dei soldati antichi, con espressione fiera ed accigliata; Angelo reggi candelabro inginocchiato,

inginocchiato, figura compatta, dalle forti masse, lontana dagli esili angeli tipici del primo Rinascimento; San Petronio (già iniziata in precedenza da Niccolò dell’ Arca), a cui Michelangelo apportò forza ed eleganza tipiche del suo stile scultoreo.

Nel 1496 Michelangelo, quando aveva 21 anni, fu invitato a Roma dal Cardinale Raffaele Riario nipote di Papa Sisto IV, dove rimase fino al 1501.
Appena arrivato iniziò a scolpire il Bacco,

giovane dio pagano che barcolla ebbro con in mano la coppa del vino mentre dietro di lui, di nascosto, un piccolo satiro mangia la sua uva. L’opera è esposta al Museo Nazionale del Bargello di Firenze.

Nel 1497 iniziò la Pietà,

l’ unica opera in cui, ancora ventiduenne, appose la sua firma nella fascia della Madonna. E’ considerata uno dei suoi più grandi capolavori, e uno dei massimi capolavori della scultura di tutti i tempi. Si trova nella Basilica di San Pietro in Vaticano.

A Roma aveva conosciuto un importante cardinale della importante famiglia Piccolomini della città di Siena in Toscana, divenuto poi Papa Pio III, e nel 1501 Michelangelo tornò a Firenze portando con sé la commissione che aveva avuto dal Cardinale per ornare l’ altare della Cappella Piccolomini che la sua famiglia aveva nel Duomo di Siena; dette così inizio alla scolpitura di San Paolo, di San Pietro, di San Pio e di San Gregorio che terminò nel 1504, tutte opere ancora poste nell’ altare Piccolomini nel Duomo di Siena.

A Firenze ricevette anche nel 1501 la commissione da parte dell’Opera del Duomo della città di eseguire il colossale David

da porre su uno dei contrafforti esterni della zona absidale del Duomo. Per Michelangelo si trattava di una difficile sfida; li fu affidato infatti un norme blocco di marmo già sbozzato in precedenza da altri scultori. Ma Michelangelo riuscì perfettamente nell’ opera terminandola 3 anni dopo. Il suo David fu così ammirato da essere posto nella Piazza davanti al Palazzo della Signoria.
Michelangelo ha scolpito un giovane nudo dall’ atteggiamento tranquillo nonostante la sfida a cui era stato chiamato, pronto però alla reazione, simbolo della Democrazia che uccide il Tiranno Golia.

Negli stessi tre anni dal 1501 al 1504 Michelangelo scolpì anche la Madonna con Bambino detta Madonna di Bruges

per il mercante fiammingo Mouscron,
il Tondo Pitti dove S. Giovannino è appena accennato sullo sfondo in contrapposizione alla Madonna che fuoriesce tanto da avere la testa che supera la cornice.

Tra il 1504 e il 1506 Michelangelo eseguì il Tondo Taddei dove le figure emergono dallo sfondo con S. Giovannino che mostra un cardellino, simbolo della passione, e che spaventa il Bambino Gesù che prevede il suo tragico destino.

Nel 1503 venne eletto papa Giuliano della Rovere col nome di Giulio II, che iniziò un programma di rivalutazione e abbellimento della città di Roma e si circondò dei più grandi artisti del Rinascimento come Bramante, Raffaello, etc. Fu Bramante che parlò al Papa delle grandi doti e della genialità del fiorentino Michelangelo Buonarroti.
Nel 1505 Giulio II lo chiamò a Roma per progettare e realizzare una sua gigantesca tomba da sistemare all’ interno della Basilica di S. Pietro in Vaticano in fase di costruzione. Dopo due mesi Michelangelo gli presentò il disegno entusiasmando il Papa che gli dette un acconto e lo mandò a alle cave di Carrara per scegliere e acquistare l’ enorme quantità di marmi necessari. La tomba, alta 8 metri, doveva avere circa 40 grandi statue.

Ma nel 1506, dopo che Michelangelo aveva fatto trasportare i blocchi di marmo a Roma, Giulio II perse interesse al progetto costringendo Michelangelo a pagarli. Offeso mortalmente, Michelangelo tornò di nascosto a Firenze, dove iniziò a scolpire altri lavori, come il S. Matteo commissionatogli dall’ Opera del Duomo di Firenze, che però non terminò.

Nella foto sottostante appare la figura di Gesù in piedi, risorto, con un corpo potente ma in una posa di morbida torsione che regge la croce e tiene con la sinistra il suo sudario. Si trova a Roma nella basilica di Santa Maria sopra Minerva.

Alla morte di Giulio II nel 1513 gli eredi chiesero a Michelangelo un nuovo più piccolo progetto per la tomba del papa; Michelangelo accettò, ma il progetto subì continui ridimensionamenti nel 1513, nel 1516, nel 1526, nel 1532 e nel 1542.
Quando era in vita Giulio II, nel primo grandioso progetto erano stati previsti, alla base della tomba, venti “Prigioni” (chiamati poi Schiavi) via via ridotti nei progetti successivi a dodici, poi a otto, poi a quattro, e poi eliminati del tutto. Prima dell’ eliminazione dal progetto di queste statue, Michelangelo ne aveva scolpite sei, di cui due a Roma e quattro a Firenze:

nel 1513 lo Schiavo Morente,

per cui si era ispirato alla statuaria ellenistica del Niobe Morente presente alla Galleria degli Uffizi di Firenze; anche in un soggetto drammatico e potente come questo il corpo e il volto risultano eleganti, come se si trattasse di un possente ballerino;

nello stesso anno eseguì lo Schiavo Ribelle,

ispirandosi anche per questo all’arte ellenistica del gruppo del Laocoonte presente al Museo Vaticano di Roma; il personaggio è reso con una forte e tesa torsione che anima il massiccio corpo.
Entrambi i prigioni sono esposti al Museo del Louvre a Parigi.

Gli altri quattro Prigioni, detti “Fiorentini” furono scolpiti da Michelangelo negli anni ’20 del ‘500, durante la sua permanenza a Firenze per il progetto e la realizzazione, mai avvenuta, della nuova facciata della chiesa di San Lorenzo. Alla morte del maestro nel 1564 erano ancora nella sua bottega in via Mozza a Firenze quando il nipote Leonardo Buonarroti li donò al Granduca Cosimo I dei Medici che li incastonò nella grotta del Buontalenti nel cortile di Palazzo Pitti. Sono conservati alla Galleria dell’ Accademia di Firenze:

lo Schiavo che si desta

è una massiccia figura maschile che contorcendosi sembra fuoriuscire dal marmo da cui cerca di liberare gamba e braccio destro, dando all’ opera una speciale e primordiale forza e dinamicità;

lo Schiavo Atlante

che sostiene il blocco di marmo non ancora scolpito della testa. Nelle possenti braccia e nelle grosse gambe divaricate cui tutti i muscoli sono tesi nel sostenere il gravoso peso;

lo Schiavo Barbuto

è il più completo dei quattro, la particolare posizione del braccio destro che sorregge la testa e la gamba destra piegata creano anche in questo Prigione una dinamicità meno disperata di quella degli altri Prigioni;

lo Schiavo Giovane

ha le gambe piegate nello sforzo di liberarsi dal marmo, e in questo tentativo titanico si protegge la testa e la faccia col braccio sinistro.

Sempre per la tomba di Giulio II Michelangelo nel 1513-1515 aveva scolpito lo straordinario Mosè seduto.

Nel 1542, 25 anni dopo l’esecuzione dell’opera, Michelangelo decise di girare la testa del profeta, dovendo così creare una torsione dinamica di tutta l’opera cambiando anche la posizioni di un ginocchio, e dando una strana forma alla barba che Mosè sorregge tirandola a destra. Le tavole della legge si sono rovesciate scivolando dalle sue braccia.

Nel 1532 Michelangelo scolpiva il Genio della Vittoria;

sembrerebbe anche questo essere stato scolpito per la tomba di Giulio II. Rimasto nella bottega di via Mozza alla sua partenza per Roma nel 1534 fu donato dal nipote Leonardo Buonarroti al granduca Cosimo I che lo pose nel Salone dei Cinquecento in Palazzo Vecchio a Firenze. Come i Prigioni il gruppo presenta la torsione del corpo e l’anatomia vigorosa. E la corona di foglie di quercia allude ai Della Rovere famiglia di Papa Giulio II. La scultura rappresenta lo stato del vincitore che domina lo sconfitto tenendolo sottomesso con agilità, con una gamba che gli blocca il corpo ripiegato e incatenato. Il giovane che rappresenta il genio è bello ed elegante, mentre il dominato è vecchio e barbuto, con un fisico flaccido e un’espressione rassegnata. Anche le superfici sono trattate in maniera diversa per esaltare espressivamente il contrasto tra le due figure: il giovane levigato alla perfezione (forse avrebbe le fattezze di Tommaso de’ Cavalieri suo intimo amico di Roma), il vecchio ruvido e incompleto, per lasciare il ricordo della pesante pietra di cui è fatto.

Finalmente l’ultimo progetto della tomba di Giulio II concordato con gli eredi fu eretto, ma non nella basilica di San Pietro in Vaticano ma nella chiesa di San Pietro in Vincoli a Roma. Si tratta di una facciata a due piani con solo tre statue di mano del Maestro: il Mosè e le figure bibliche di Rachele e Lia:
Rachele è completamente coperta da un lungo e aderente abito che le copre anche la testa, prega con gli occhi rivolti al cielo con una leggera torsione del corpo che accompagna lievemente la torsione del vicino Mosè. Rappresenta la Vita Contemplativa.

Lia è in veste di matrona romana che ha in mano uno specchio o un diadema sotto il quale c’ è la lunga coda di capelli. Rappresenta la Vita Attiva.

La Sacrestia Nuova

Giovanni, figlio di Lorenzo dei Medici il Magnifico, alla morte di Papa Giulio II nel 1513, venne eletto col nome di Papa Leone X.
Nel 1516 morì Giuliano, l’altro figlio di Lorenzo dei Medici il Magnifico, che era stato eletto Duca di Nemours, e nel 1519 morì anche Lorenzo, suo nipote, eletto Duca di Urbino. Il Papa Leone X chiese a Michelangelo la creazione di una grande cappella funebre nel complesso della chiesa di San Lorenzo a Firenze, chiamata poi Sacrestia Nuova, dove porre anche le future sepolture del padre Lorenzo dei Medici il Magnifico e dello zio Giovanni dei Medici.
Michelangelo iniziò il lavoro che alla morte di Leone X nel 1521 fu confermata dal nuovo Papa Clemente VII cugino del defunto Leone X eletto nel 1513.
Nel 1524 Michelangelo stava finendo la creazione dei modelli in creta, e all’arrivo dei marmi dalle cave di Carrara scolpì 4 figure tra cui la Notte e l’Aurora. Nel 1527 per motivi politici Michelangelo fermò il lavoro e nel 1530 fu costretto a fuggire da Firenze dove ritornò nel 1531 continuando la grande opera.

Il progetto di Michelangelo che venne scelto fu quello con tombe singole per i Duchi nelle pareti laterali e doppie per i Magnifici sulla parete opposta all’altare

Per la tomba di Giuliano dei Medici duca di Nemours ha scolpito il Giorno e la Notte e il ritratto a figura intera:

il Giorno

posto a destra sulla tomba di Giuliano, iniziato nel 1526 e consegnato nel 1534 non finito, è rappresentato come un possente uomo semidisteso sula base curva in simmetria con la vicina Notte. Michelangelo si ispirò ad alcune sculture romane classiche, al Torso del Belvedere che conosceva bene, e si ricordò anche della posizione del Bambino Gesù nella suo bassorilievo della Madonna della Scala. Il gomito sinistro è piegato in appoggio mentre il braccio dietro è piegato all’ indietro come se cercasse qualcosa. Il corpo è ruotato verso la parete mentre la testa e le gambe ruotano in senso opposto verso lo spettatore, creando una speciale tensione emotiva e misteriosa confermata dal volto barbuto appena abbozzato.

La Notte

posta a sinistra sulla tomba di Giuliano è rappresentata da una forte donna anche questa semidistesa sula base curva, così come anche l’ Aurora e il Crepuscolo, con la gamba sinistra piegata; la testa reclinata nel sonno retta dal braccio destro appoggiato alla coscia sinistra e il braccio sinistro piegato dietro la schiena costringono il busto ad una torsione verso chi guarda.
Suoi attributi sono la notturna civetta, i frutti del papavero il cui estratto provoca il sonno, la maschera simbolo del sogno.

Il Ritratto di Giuliano

fu iniziato nel 1526 e finito nel 1534 da Giovanni Angelo Montorsoli. E’ il ritratto del giovane Duca con capo riccioluto e col lunghissimo collo, vestito da generale romano in atteggiamento fiero (opposto all’ atteggiamento penoso di Lorenzo Duca d’ Urbino), con l’ armatura aderente come una seconda pelle), con in mano il bastone del comando.
Per la tomba di Lorenzo Duca d’ Urbino ha scolpito l’ Aurora e il Crepuscolo e il ritratto a figura intera:

l’ Aurora

posta destra sulla tomba di Lorenzo, iniziata nel 1524 e finita nel 1527, è anch’ essa rappresentata da una figura femminile semidistesa di ispirazione romana classica, con un velo sulla testa che cerca col braccio, sinistro mentre si sta svegliando girandosi verso chi guarda.

Il Crepuscolo

posta a sinistra sulla tomba di Lorenzo, iniziata nel 1524 ma nel 1534 ancora non finita è rappresentato come un possente uomo semidisteso sula base curva, appoggiato sul braccio sinistro e con le gambe accavallate, col braccio destro adagiato sulla coscia regge il velo e la testa che guarda indietro e in basso. La posa della figura è rilassata.

Il Ritratto di Lorenzo (Il Pensatore)

fu scolpito da Michelangelo ma terminato nel 1534 da Giovanni Angelo Montorsoli. E’ il ritratto del giovane Duca morto a 37 anni seduto, rappresentato come un generale romano, nella celebre posa pensosa e malinconica; la corazza aderisce al corpo come una seconda pelle; le decorazioni dell’ elmo sono opera del Montorsoli. La mano destra appoggiata sul dorso all’ infuori sulla gamba alluse all’ abbandono nel sonno o nella morte; il dito indice sulla bocca rimanda al silenzio.

Sulla tomba di Lorenzo dei Medici il Magnifico e di Giuliano dei Medici suo fratello solamente la Madonna Medici è di mano di Michelangelo:

la Madonna Medici

fu la prima scultura che Michelangelo iniziò nel 1521 per la Sacrestia Nuova ma ancora in lavorazione nel 1534 quando Michelangelo lasciò Firenze.
Ci sono alcune somiglianze compositive tra questa scultura e il bassorilievo della Madonna della Scala eseguita da Michelangelo nel 1492 a 15 anni d’ età, come la Madonna seduta su un blocco di marmo, la posa del Bambino Gesù che con una forte torsione si presenta di spalle nascondendo il volto; la torsione del bambino e le gambe intrecciate della Madonna creano un forte dinamismo bilanciato dalla testa della Vergine, come nel Genio della Vittoria.

Alla fine degli anni ’40 del ‘500 Michelangelo iniziò a scolpire un’ altra Pietà, la Pietà Bandini

avrebbe voluto destinarla alla sua tomba nella basilica di Santa Maria Maggiore a Roma, tant’ è vero che nel volto di Nicodemo ha modellato il suo autoritratto. Usò per questa opera uno dei blocchi di marmo acquistati per la tomba di Giulio II. Volle provare in seguito a cambiare la posizione delle gambe di Cristo, ma una vena del marmo ne causò la rottura. In preda ad una furiosa crisi depressiva Michelangelo la prese a martellate sul gomito, sul petto, sulla spalla di Gesù, sulla mano della Madonna, dove si vedono ancora oggi le rotture; staccò del tutto la gamba sinistra di Gesù che doveva accavallarsi su quella di Maria e che andò persa.
Nonostante il cattivo stato dell’ opera, questa fu acquistata nel 1561 da Francesco Bandini che tentò di terminarla. Nel 1674 venne venduta al Granduca Cosimo III dei Medici che la collocò nel Duomo di Firenze e dal 1981 è conservata al Museo dell’ Opera del Duomo di Firenze.
L’ opera ha un andamento piramidale dove il corpo di Cristo che scivola verso il basso, con le sue linee oblique ne è il fuoco.

L’ ultima opera a cui lavorò Michelangelo è la Pietà Rondanini

iniziata nel 1552-53 e rilavorata dal Maestro più volte dal 1555 al 1564, anno della sua morte. Probabilmente avrebbe dovuto sostituire sulla sua tomba la precedente Pietà Bandini. L’ opera, benché non finita, ha una grandissima forza e modernità, e precorre di quattrocento anni una parte della scultura moderna del ‘900. Venne acquistata nel ‘700 dal marchese Rondanini, e nel 1952 dal Comune di Milano dove è esposta al Castello Sforzesco.