Un altro colosso di marmo: La replica dell'Ercole Farnese

Un’altra appassionante avventura è stata quella di scolpire in marmo il colossale Ercole Farnese del Museo di Napoli, statua greca del III secolo d.C., alto tre metri e 17 centimetri.

Si tratta di una delle poche sculture antiche firmata dall’autore: Glicone di Atene, come si vede inciso sulla base della clava.

Anche nella Grecia antica, e non solo a Roma, si amavano le repliche anche di dimensioni diverse dagli originali: infatti questo marmo è la replica ingrandita dell’originale in bronzo eseguito nel IV secolo a. C. dal celebre Lisippo, andata persa.
Ercole, simbolo della forza sovrumana, e infatti era un semidio, è rappresentato con una anatomia potente, quasi esagerata. Suoi attributi sono la pelle del leone Nemeo, mandato da Era (Giunone) per uccidere Ercole. La sua pelle era inattaccabile da lance e frecce, ma Ercole lo stordì con la clava (a cui si appoggia nella scultura) e poi lo strangolò. Usò la sua pelle per farsi una specie di abito che lo rendesse invulnerabile che, nella scultura, ciondola sulla clava.
Questi accessori sono stati usati dallo scultore per creare un grosso sostegno a cui l’Eroe si appoggia: sarebbe stato infatti impossibile far sostenere la sua massa corporea di marmo, per di più inclinata, soltanto sulle due caviglie.

I restauri rinascimentali

Il colosso è stato scavato nelle Terme di Caracalla a Roma alla metà del ‘500, privo dell’avambraccio sinistro e delle gambe.
La filosofia del restauro in epoca rinascimentale era generalmente quella di ricreare le parti mancanti delle opere antiche, in modo da ricomporne la presunta integrità. Era molto difficile per chi aveva una mentalità più “scientifica” convincere i proprietari delle opere archeologiche a lasciarle così com’erano state trovate, senza integrazioni. Si pensi per esempio ai gemelli Romolo e Remo aggiunti nel rinascimento alla Lupa Capitolina probabilmente da Antonio del Pollaiolo.
Riuscì forse solo a Michelangelo con il Torso del Belvedere in marmo del I secolo a. C. (dello scultore greco Apollonio), trovato mutilo a Roma nel ‘400.

Sembra infatti che quando il Papa Giulio II si rivolse a Michelangelo perché riscolpisse le parti mancanti, quest’ultimo si rifiutasse dichiarando che la scultura era magnifica così e che non doveva essere assolutamente toccata. Mentre invece non ebbe molti problemi nel riscolpire le gambe mancanti dell’Ercole Farnese il suo allievo Guglielmo della Porta, accontentando il committente Papa Paolo III (Alessandro Farnese) tanto che, anche quando furono scavate le gambe originali, decise di lasciare al monumento quelle del Della Porta, giudicate più belle delle originali stesse.

La scultura è stata eseguita nello Studio Bazzanti “ai punti” grazie al modello preso sull’originale dalla Fonderia Artistica Ferdinando Marinelli.

Il difficile trasporto

Il colosso di 5 tonnellate è stato imballato allo Studio di Scultura.

La fase successiva è stata complessa quasi quanto l’aver scolpito l’Ercole! Si è trattato infatti di far entrare in orizzontale il colosso nella Galleria Bazzanti di Firenze per poi metterlo in piedi nel posto giusto. Avendo dovuto far chiudere al traffico il Lungarno, l’operazione si è svolta di notte